Il bite e le emicranie
In un gruppo chiuso, cui partecipo, la Sig.ra Daniela M. scrive: “Io sono malocclusa laterodeviata cioe’ con mandibola non in asse. Ho 45 anni e ormai me ne sto così non volendo rischiare un intervento pesante maxillo-facciale e poi non sarebbe mai finita …. ho il click all’ATM, ce l’ ho da un lato se apro tanto, evito …. piu’ che altro sono le emicranie muscolotensive ecc che mi rovinano la vita. ll bite su di me servirebbe gran poco visto che non stringo e non bruxo !”. Ho risposto direttamente alla Sig.ra Daniela, ma ho pensato bene per i miei lettori di riportarla qui, sul mio blog, perché possibilmente utile a molti:
“Mi pare molto saggio evitare la chirurgia maxillo-facciale, salvo casi estremi. Mi pare che troppe persone confidino nella miracolistica della chirurgia: non siamo delle automobili cui, issate sul ponte, il meccanico cambia un pezzo difettoso con uno nuovo, e la storia è sempre bella e finita (magari!). Sto dicendo una banaltà estrema, purtroppo non tutti la tengono presente. Vorrei solo motivare perché la perentoria affermazione “Il bite su di me servirebbe gran poco visto che non stringo e non bruxo !” rischia di essere assai fuorviante se generalizzata.
Un bite, adatto allo scopo, potrebbe invece risolvere le sue emicranie muscolo-tensive. Ad una ragazza di 25 anni (che non bruxava e non serrava), il mio bite gliele ha fatte passare in 24 ore (ci conviveva da anni). La madre, entusiasta, sperava altrettanto: l’ho dovuta subito disilludere che avremmo avuto un percorso molto più lungo. Come giustamente detto da un collega, un bite “è un pezzo di plasticaccia”, ma il suo valore e possibilità di successo stanno nel know-how (studio e esperienza) che l’odontoiatra, cultore di Gnatologia, ci incorpora dentro.
La motivazione per cui un bite può essere di grande aiuto, anche in assenza di bruxismo o serramento, sta nel fatto che i neuroni parodontali recettori del carico di forza su un dente si attivano per variazioni superiori agli 11 micron, ovvero ad un carico di 3-4 grammi a livello dei molari e a un carico di 1-2 grammi a livello degli incisivi.
Tenendo presenti questi valori così bassi, si deduce che molti problemi di cattiva occlusione (e una piccola parte dei problemi delle Articolazioni Temporo-Mandibolari) vanno inquadrati con un’ottica prettamente neurologica: un semplice ritocco sottrattivo (maggiore di 11 micron) su un solo punto di un solo dente induce un segnale al cervello, il quale istantaneamente RICALCOLA TUTTA la rete informazionale dei contatti fra denti inferiori e superiori e può restituire ai muscoli della bocca dei comandi DIVERSI da prima del suddetto ritocco. Se cambia la postura della mandibola, di conseguenza cambiano i carichi di occlusione dentale. (Ricordo che un capello è spesso 90 micron).
Quanto detto vale anche su un bite: può bastare ben poco a ristrutturare una dinamica e a modificare forze muscolari errate dovute a sovraccarichi asimmetrici, capaci di causare emicranie muscolotensive. Il nostro cervello si accorge immediatamente di una minimale variazione e, come per miracolo (che miracolo non è), passano emicranie, mal di testa, dolori ai muscoli del collo, dolori alle spalle, formicolii alle mani, ai polsi, alle braccia. Siamo nell’ambito della (futura) Odontoiatria Neurologica.